OMERTA’ PARTIGIANA

Se c’é una cosa che mi colpisce e che risulta pressoché costante nelle più importanti figure di combattenti partigiani, è quella granitica determinazione di voler celare anche a distanza di anni quegli episodi che possono minare la mitologica narrazione resistenziale tramandata dai loro racconti.
Ancora pochi giorni fa, nell’intervistare un protagonista, alla domanda sull’identità di un partigiano che, avendo tradito, era stato brutalmente trucidato nei giorni della liberazione, il mio testimone, a 75 anni dagli eventi, mi rispondeva con fermezza :
“Non posso rivelarle il nome di quel partigiano!”
Sono comunque arrivato a determinare i dati anagrafici di quella povera vittima, ma questa omertà mi ha ricordato quanto aveva affermato il comandante partigiano Anello Poma , ex combattente di Spagna e nel dopo guerra consigliere comunale della città di Biella, in merito alla misteriosa fine del comandante della 2° Brigata Piero Pajetta “Nedo”.
La morte di “Nedo” fu immediatamente attribuita alla mano di un’altra importante figura della resistenza biellese, un protagonista di quella componente monarchica e liberale che mal digeriva il crescente sviluppo di formazioni comuniste nel nostro territorio.
Poma e gli altri comandanti garibaldini covarono immediati propositi di vendetta, ma poi, in considerazione di opportunità logistiche, materiali ed economiche, decisero di soprassedere e passare oltre al cocente episodio.
Poma conseguentemente scrive :
“Il mio racconto si ferma dunque a questo punto, in quanto hanno poca importanza le congetture che feci nei giorni seguenti con Battista Santhià e con la moglie di Nedo, Bianca, rinchiusa nella sua muta speranza e attesa di avere notizie che non giunsero più”.
Detto e non detto, in una tradizione che ancora non si arresta.