I morti R.S.I.

Un amico ieri ha commentato al seguito dell’ennesimo episodio di uccisione di un fascista repubblicano, chiedendomi quanti furono complessivamente i fascisti trucidati dopo la fine del conflitto.
Molti numeri sono stati fatti, numeri molto elevati, per stessa ammissione degli studiosi della resistenza, ma ho sempre considerato accessorio questo dato.
Per me una vita spezzata conserva un’importanza fondamentale nella sua singolarità, mi soffermo ad analizzarne gli aspetti, l’unicità di azione e di pensiero, e mi rifiuto al semplice e freddo conteggio delle vittime da una o dall’altra parte cagionate.
Voglio però citare un trafiletto comparso sul settimanale “Il Lavoro Biellese” già il 14 marzo 1945, e cioè più di un mese prima della fine ufficiale delle ostilità.
Già allora si ebbe l’esatta misura della crudeltà e della spietatezza dei propri avversari, ma incredibilmente ci si illuse in un qualche loro ravvidimento, ci si arrese loro immaginando un inspiegabilmente equo trattamento di giustizia.

“La scoperta di tredici salme nel fondo melmoso del Canale Cavour.
Durante i lavori di prosciugamento del Canale Cavour sono state rinvenute ben tredici salme di cittadini uccisi dai fuori legge perché ligi al dovere o perché sospettati di svolgere attività di collaborazione con le autorità fasciste.
Fra di esse sono state riconosciute quella del capo stazione di S.Germano Vercellese, signor Galli, quella del pescatore Formioli, pure da S.Germano Vercellese, quella di una ragazza di Crova ed infine quella di un militare di servizio al posto di avvistamento di Tronzano.
Tutte le altre, per ora mancando di documenti, denudate, coperte di ferite, sfigurate dalla permanenza in acqua, sono irriconoscibili.”