La vera storia di Villa Schneider

Riporto pedissequamente le parole dello studio di Marcello Vaudano per l’Istituto per la Storia della Resistenza del Biellese.

Villa Schneider tra verità storica e “mito”

Di questi fatti la memoria biellese ha portato con sé una traccia dolorosa, fatta di pochi elementi certi e di molta trasfigurazione simbolica, anche perché nessun lavoro storiografico tra quelli dedicati alla Resistenza biellese si è occupato in maniera specifica dei fatti di cui qui si parla.

Due omicidi premeditati vennero ritenuti provati:
quello di Antonio Aldo Ottella, nel luglio del 1944, e quello di Guido Mentegazzi nel settembre dello stesso anno.

Antonio Aldo Ottella fu arrestato a Graglia, insieme a numerose altre persone e mentre gli altri arrestati venivano liberati, fu portato a Graglia e ucciso nei pressi del Santuario.

Secondo la versione che del fatto diede Beghetto (milite SS italiane) al processo, dopo essere stato interrogato a Villa Schneider, il Mentegazzi era stato caricato su un’auto per essere tradotto alle carceri. Sulla salita verso il Piazzo l’auto aveva avuto un guasto al motore e in quel momento il prigioniero aveva tentato la fuga, cosicché per fermarlo gli avevano sparato.

La ricostruzione esatta delle atrocità commesse nei sotterranei risulta invero difficile.

Alle testimonianze fornite dai testi chiamati a deporre al processo si aggiungono affermazioni, ricordi, racconti e confidenze raccolti dal giornale garibaldino “Baita”, solidificatisi in una memoria comune senza che di essi sia possibile affermare o negare con nettezza la veridicità.

Fatti provati ed elementi immaginifici, realtà e trasfigurazione iperbolica sfumano così in maniera impercettibile l’uno nell’altro costituendo quell’aura di orribile a raccontarsi che per i più anziani accompagna la villa e che ancor oggi fa loro evitare, quand’è possibile, di passarle davanti.

Marcello Vaudano

Questo è quanto scritto da uno storico su dati oggettivi e risulta evidente la difformità con quanto ricorrentemente affermato, anche sull’Eco di Biella di oggi.

Villa Schneider non era il solo luogo dove si svolgevano gli interrogatori.
Dalle testimonianze processuali sembra che la sede maggiormente utilizzata fosse l’Albergo Principe nell’odierna via Gramsci, e, certo le indagini non escludevano percosse e minacce.

Ad illustrare compiutamente la realtà delle cose a me sembra che valga il caso di Felice Medici, Vice Comandante della famigerata Polizia Partigiana, arrestato e condotto a Vercelli, nella sede dell’Ufficio Politico Investigativo.

Al Medici che negava la collaborazione e la propria identità, fu mostrato un prigioniero con il viso tumefatto dalle percosse.
Poi una testimone lo riconobbe e visto che il prigioniero ancora resisteva, gli fu comunicato che si sapeva che anche il figlio faceva la staffetta partigiana e che se persisteva nel proprio atteggiamento sarebbe stato arrestato anche lui.

A quel punto Medici accettò di collaborare.