Giuseppe Cavalli e l’incendio di Piatto

La famiglia Cavalli viveva in una villa al centro del paese di Piatto, dove ora si è costruito l’edificio comunale.
La signora, essendo vedova, viveva con la pensione del marito che era stato generale dei carabinieri, mentre il figlio Giuseppe esercitava la professione di avvocato.
I partigiani passavano abitualmente presso le famiglie benestanti del paese per ottenere finanziamenti “volontari”, ma stante le condizioni economiche del periodo, i Cavalli rifiutarono un nuovo contributo.
I resistenti passarono allora alle minacce nei confronti dell’anziana madre e di conseguenza il figlio reagì esplodendo alcuni colpi di pistola, uccidendo un bandito e ferendone altri due.
Immediatamente, vista la gravità della situazione, la madre si allontanò da Piatto assistita dalla fedele governante, e si rifugiò a Bioglio, presso la clinica del dott. Maglioli.
Il figlio invece si ritirava, all’insaputa di tutti e dopo aver inutilmente chiesto aiuto al parroco Don Radice, presso le suore dell’asilo, che, affrontando un gravissimo rischio, lo ospitarono nella struttura.
Nel frattempo i partigiani ritornarono in forze e cominciarono la caccia allo sparatore.
Irruppero nella privativa del paese e prelevarono alcune taniche di gasolio con le quali appiccarono il fuoco alla villa ormai disabitata.
Per tutta la notte i partigiani perlustrarono furiosamente le case del paese senza sospettare che il Cavalli fosse nascosto poco distante, e la caccia durò parecchi giorni, fino a che l’avvocato, nell’intento di sollevare dal pericolo le due religiose, si fece coraggio, scavalcò il muro della villa vicina e chiese una bicicletta al proprietario per tentare la fuga.
Ma l’unico mezzo disponibile era fuori uso e quindi il Cavalli, accompagnato dal vicino ad una porta secondaria del giardino, a piedi e per viottoli secondari riuscì a raggiungere il paese di Vigliano, proprio mentre sopraggiungevano i militi repubblicani, probabilmente allertati dalle religiose.
L’Avvocato Cavalli si trasferì quindi a Vercelli, ove fece giungere anche la madre e la governante, e da quella città mantenne i contatti con i pochi abitanti che gli erano rimasti amici fedeli.
Uno di questi si prestò a recuperare i gioielli, l’argento e il rame che erano stati nascosti nella villa data alle fiamme, ma fu possibile recuperare solo i monili poiché il nascondiglio dell’argenteria era stato scoperto e il contenuto trafugato.
Al termine del conflitto l’Avvocato Cavalli non fuggì e, credendo alle lusinghe dei liberatori, si consegnò spontaneamente al comando partigiano di Vercelli.
Giuseppe Cavalli sparì pochi giorni dopo, nelle acque del Sesia, trucidato ferocemente dai suoi aguzzini.
La madre rimase a Vercelli, non potendo più tornare in quel paese dove avrebbe dovuto affrontare lo sguardo dei persecutori del figlio.
La governante le rimase accanto fino alla morte.