Il Patto della Montagna.

Lunedì prossimo verrà proiettato il documentario di Manuele Cecconello sul “Patto della montagna”, il celebrato accordo sindacale clandestino fra partigiani ed industriali biellesi.

Leggo l’avviso di partecipazione di molte mie amiche ed amici di Facebook, e non è detto che non decida di partecipare anch’io.

Ma affinchè costoro intervengano preparati sull’argomento, ho deciso di scrivere alcune brevi considerazioni in merito al patto ed alla sua natura storica e sindacale.

Il patto, dopo lunghe trattative e parziali applicazioni, venne sottoscritto nella sua forma definitiva, solo nella seconda decade di marzo 1945, cioè solo un mese prima della fine delle ostilità, in un periodo quindi nel quale al mondo industriale era ben chiaro quale sarebbe stato l’esito del conflitto.

Ricordo di avere letto una sentenza di condanna per una donna che, lavorando a maglia, fabbricava manualmente calze di lana per i soldati repubblicani.

Nel caso del presente accordo i partigiani invece consentivano agli industriali lanieri biellesi di fabbricare e vendere all’odiato tedesco invasore migliaia di metri di tessuto, senza alcuna conseguenza, garantendo agli stessi un sicuro trasporto e la totale assenza di sabotaggi.

Mi risulta un caso in cui un giovane partigiano venne addirittura fucilato dai partigiani di “Gemisto”, perchè sorpreso a rubare alcuni tagli di stoffa da una famosa azienda tessile biellese, quindi i partigiani garantivano una sorta di giustizia autogestita a favore degli industriali da loro protetti.

Si millanta la rivoluzionaria parificazione salariale fra uomini e donne, ma io ho letto il contratto e non mi sembra che essa risulti.

Solo le donne dei reparti di tessitura, carderia, attaccafili ed orditrici vengono retribuite in modo paritario, mentre quelle addette alla ritorcitura, spolatrici, finissaggio e lavori vari ricevono uno stipendio inferiore.

Che dire poi dell’articolo che afferma che “Tutti gli industriali che continueranno ad applicare disposizioni della repubblica o che prenderanno iniziative non controllate e tutti gli operai che chiederanno delle retribuzioni invocando leggi o provvedimenti della repubblica, saranno considerati fascisti e aderenti alla repubblica”……e possiamo pensare con quali immaginabili conseguenze.

In calce riporto la dichiarazione dell’industriale Silvio Cerruti, tra i principali artefici del patto e padre di Nino che oggi compare nel documentario :

“…..desidero dichiarare che questo Contratto viene liberamente stipulato tra le parti industriale ed operaia.
La presenza dei partigiani armati in questa località non costituisce, per nessuno di noi, elemento di pressione, ma bensì rassicurante presenza di vigilante protezione dal nemico”.

Il fatto stesso che si sia ritenuta necessaria questa precisazione, pone quantomeno pesanti interrogativi in merito.