Natale in Ospedale

Le feste le ho passate in ospedale, al capezzale di un’amica.
In ospedale avevo lavorato nove lunghi anni in amministrazione ed ancora ricordavo l’atmosfera sospesa di sofferenza alla quale mai mi ero effettivamente assuefatto.
Per quelli come me le dimissioni erano state un sollievo, per quella sensazione plumbea che non si limitava alle ore di lavoro, ma che mi trascinavo la sera fino a casa.
Nella stanza della mia amica durante le feste si sono alternate due altre ospiti.
La prima era una vecchietta arzilla, di buona cultura e dal linguaggio forbito.
Il figlio svolgeva un lavoro che lo conduceva spesso all’estero, ed anche in queste feste natalizie aveva un impegno per l’ultimo dell’anno.
La signora mi parlava con ammirazione del lavoro del figlio, ne giustificava l’assenza e ripeteva che era stata una scelta sua, soltanto sua, quella di ricoverarsi temporaneamente in una struttura per anziani………per una quindicina di giorni soltanto……
La vigilia di capodanno partiva per questa nuova destinazione in compagnia del figlio e della nuora.
Mi ha ricordato mia madre, che ogni giorno cercava di nascondermi le sofferenze della sua malattia……ogni giorno……. come un conclusivo gesto d’amore nei miei confronti.
Il giorno dopo è arrivata un’altra signora, più giovane ma provata mentalmente dal male.
Emergeva dai discorsi confusi la preoccupazione per la figlia non autosufficiente, che era rimasta da sola a casa.
Il figlio invece arrivava a sera in compagnia della moglie, si fermava scarsi dieci minuti, e l’abbandonava nella solitudine.
La figlia della mia amica le compilava la lista dei cibi, io le riponevo il vassoio del pranzo, si scambiava qualche parola ……..ed era fortemente palpabile quanto in quella situazione fossero per lei indispensabili il conforto e la vicinanza degli affetti.
Siamo tragicamente soli di fronte alle sofferenze ed alla paura della morte, ma è in questi frangenti che si distinguono gli uomini.
Alcuni emergono come giganti, svelando caratteristiche e resistenze a tutta prima insospettabili, altri scivolano nell’egoismo delle loro piccole menti e smarriscono il “pathos” che ci distingue umani.