L’agguato di Santa Maria di Curino.

Oggi l’influenza mi ha fermato.

Altrimenti il progetto sarebbe stato quello di recarmi a Curino, alla Fraz. Santa Maria, dove l’8 maggio 1944 nel corso di un agguato presso l’Osteria del Ginepro, morirono 10 partigiani e due civili e per contro riusci roccambolescamente a fuggire il capo partigiano comunista Francesco Moranino, più noto con l’appellativo di “Gemisto”.

Forse Gemisto ci ha messo lo zampino dall’aldilà, fatto sta che volevo verificare sul posto l’attendibilità dei fatti, che ad una prima lettura sembrano parecchio inverosimili.

Non solo, questa mattina mi sono premurato di leggere il resoconto dello scontro, traendolo da ben 6 pubblicazioni diverse di fonte partigiana.

Ebbene le versioni sono tutte radicalmente difformi e sostanzialmente inverosimili.

Lo stesso Moranino descrive lo scontro solo in un documento del 1965, rimasto però inedito fino al 1984.

Perchè?

L’unico partigiano che si salva con lui fuggendo dall’osteria, Ladis Lessio “Gavetta”, viene ucciso poco dopo nell’episodio della Garella a Castelletto Cervo.

Gemisto, seppur ferito ed esaurite le munizioni, si lancia all’esterno dove, da più di mezzora sparavano i fascisti con armi automatiche.

Passa indenne tra una miriade di proiettili, ma poi si accorge che la via di fuga è bloccata e ritorna sui suoi passi, si getta in una scarpata e, ferito alle gambe, riesce a far perdere le sue tracce.

Tutti i suoi uomini, tranne due, rimangono sul terreno.

Il sopralluogo è solo rimandato, forse è ancora possibile accertare la verità.

Anche con l’influenza in corso è possibile viaggiare virtualmente sui sentieri della storia.

Pertanto proseguiamo l’approfondimento del combattimento di Santa Maria di Curino, al quale sopravvisse miracolosamente il capo partigiano “Gemisto”.

Moranino aveva scelto con cura la sua guardia personale, che doveva scortarlo dai confini dell’eporediese sulla Serra ai sicuri rifugi dell’alta Valsessera.

Si muovevano da giorni, viaggiando solo di notte, braccati dai reparti del 63° Btg. Tagliamento che, addestrati specificamente all’antiguerriglia, spostavano proprie pattuglie travestite da partigiani, nell’intento di intercettarli.

Si fermarono in un fienile a Fraz. Sasso, e all’alba tre uomini si recarono in missione a San Martino per procacciare qualcosa da mangiare.

Tornando riferirono di avere incontrato alcuni partigiani sbandati e di avere concordato un incontro con loro, ma questo particolare è descritto in modo alquanto faraginoso e comunque l’incontro mai si realizzò.

Proseguendo la strada, costeggiata la Fraz. di San Nicolao, il gruppo giunge all’Osteria di Santa Maria (che pare Gemisto frequentasse abitualmente per ragioni sentimentali), e li vengono sorpresi e circondati.

Volendo rimandare l’analisi e la descrizione dello scontro, solo tre partigiani su 13 riescono a sganciarsi.

Quello che era nella tabaccheria riesce a raggiungere il Sessera e a valicarlo raggiungendo Postua.

Gavetta, che morirà poco dopo alla Garella, raggiunge la vicina Fraz. di Vergnago.

Gemisto, ferito in più punti alle gambe ed al capo, dopo un rocambolesco avanti-indietro sotto il fuoco dei fascisti, si getta nella boscaglia, risale numerosi avvallamenti, attraversa San Bonomio (dove gli viene rifiutato un bicchiere d’acqua) e raggiunge Soprana, lontana parecchi chilometri, dove viene finalmente soccorso.