La parte giusta e quella sbagliata.

Un mio articolo di ieri, che descriveva una fucilazione fra partigiani, ha generato un’infinità di commenti che ancora oggi stentano ad arrestarsi.

In realtà taluni si sono sentiti feriti dal resoconto dei fatti ed hanno accampato le solite critiche, arrivando addirittura a citare le guerre coloniali, il male assoluto e le camere a gas.

Devo dire che mi attengo, come metodo, a fatti strettamente locali e documentati proprio per non scivolare nei massimi sistemi ideologici che non mi interessano e sui quali ognuno è libero di dissertare sostenendo il vero e l’esatto contrario.

Se davvero tutto fosse risolvibile con il giusto e l’ingiusto, il male assoluto e la libertà, bisognerebbe ad esempio considerare colpevole lo scultore-pittore partigiano Pippo Pozzi, che aveva partecipato in precedenza alla conquista coloniale al seguito dei legionari fascisti, esaltandone le gesta nelle sue pubblicazioni.

Oppure si dovrebbe considerare colpevole la medaglia d’oro della resistenza Edgardo Sogno, che in precedenza aveva combattuto tra le file falangiste-fasciste nella guerra di Spagna.

Che dire poi della quasi totalità dei partigiani che in precedenza, fino all’8 settembre 1943, avevano partecipato come soldati ed ufficiali alle guerre mussoliniane, fianco a fianco con l’odiato alleato tedesco.

In quegli anni erano già in vigore le leggi razziali e la deportazione ad opera dei tedeschi, e quindi anche loro devono essere considerati colpevoli?

Per averli intervistati varie volte so che i giovani che aderirono alla Repubblica Sociale Italiana, lo fecero soprattutto come avversione all’ umiliante armistizio dell’8 settembre, alla fuga del re e di Badoglio che lasciava le truppe italiane senza ordini, in balia dell’ex alleato e dei bombardamenti anglo americani.

In quella situazione furono rispettabili entrambe le scelte.
Io nella mia famiglia posso testimoniarne di opposte.

Certo non avrei voluto trovarmi in quei frangenti drammatici, costretto magari a far parte di coloro che uccidevano altri italiani, in una guerra civile spietata che non conosceva remore, nella quale anche il fratello poteva costituire il nemico, anche una fanciulla, anche un vecchio, un cieco, un bambino.

Questi sono i fatti che vado raccontando.

Chi si sente ferito non ha compreso che la crudeltà non ha partito e non ha bandiera.

O forse le sue convinzioni ideologiche non gli consentono di provare questa partecipazione emotiva.

E questo sarebbe senz’altro l’aspetto più triste.