Il Prefetto di Vercelli Michele Morsero e il rimpatrio degli industriali

Uno dei più consueti luoghi comuni della narrazione resistenziale, è quello che descrive il Prefetto di Vercelli Michele Morsero come un personaggio fanatico, spietato ed dissennatamente ideologizzato.
Come se non bastassero i suoi atti, la sua corrispondenza e l’intera condotta morale che vado accertando durante l’intero periodo del suo mandato, ieri ho consultato l’estesissimo archivio delle “DOMANDE DI RIMPATRIO” che i nostri concittadini presentavano per poter ritornare dalla Germania dopo i noti fatti dell’8 settembre 1943.
Per ognuno Morsero stende una relazione con il parere di opportunità al rientro dalla prigionia.
Mentre questo è quasi sempre favorevole per operai addetti alla produzione o semplici contadini dediti al lavoro dei campi, il suo giudizio è spesso contrario per i figli degli industriali di note aziende tessili biellesi.
Il caso di Rivetti è solo un esempio, ma eguale trattamento ricevono numerose domande presentate a favore dei rampolli delle più note famiglie imprenditoriali.
Unica eccezione il Giletti di Ponzone, del quale accerta l’effettiva necessità in azienda.
Forse la “damnatio memoriae” del Prefetto Morsero dipende in parte anche da questo inusuale atteggiamento.

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