IL MESSAGGIO NELLA BOTTIGLIA CONSEGNATO A MONGRANDO.

Non so se anche quell’uomo si sia svegliato questa mattina con il mio stesso pensiero fisso nella testa.
Ieri era seduto davanti a me, nella sua cucina di casa, dove mi aveva fatto accomodare con gentilezza dopo le prime parole di presentazione.
Ero latore di un messaggio, di una lettera pubblicata dalla madre più di 70 anni fa sul giornale dei reduci di quella guerra dimenticata.
Uno scritto che sicuramente a quel tempo aveva richiesto tanto coraggio a quella povera donna e che chiedeva giustizia per quella tragedia, in un paese ostile dove di quei morti non si voleva e non si doveva parlare.
La sorella era stata rapita mentre faceva il bagno nel torrente a valle della frazione, in compagnia della sorella più piccola.
La piccina era corsa a chiamare il padre e l’altra sorella ed insieme si erano precipitati lungo il viottolo nel bosco fino a raggiungerla.
“Mia sorella si voltò ancora, e fu l’ultima volta che la vidi.
Ricordo che aveva uno stele d’erba in mano, e camminava a fianco
di uno dei suoi sequestratori”.
Furono costretti con le armi a ritornare a casa, ma alle 11 di sera i partigiani tornarono a prelevare anche il padre.
“Papà si vestì, tolse di tasca il portafoglio, la penna stilografica e
l’orologio di valore, e si preparò a seguirli.
Adescarono anche lui, povero papà, ma solo per pochi istanti,
perché capì”.
Poi un’attesa che durò tutta la guerra fino alla riconsegna dei corpi, dopo estenuanti richieste e con il solito “divieto” di celebrarne i funerali.
Seduti a quel tavolo ci siamo chiesti entrambi perché la madre abbia sostanzialmente taciuto al figlio il racconto di quei drammatici eventi.
“Ero rimasto l’unico uomo di famiglia, penso che mia madre e
mia nonna abbiano voluto proteggermi, difendermi dalle
conseguenze che quel clima d’odio avrebbe potuto procurarmi”.
Oggi ho consegnato quella bottiglia.
Non più odio, ma desiderio di verità.
E una carezza da un nonno mai conosciuto, da un’incolpevole zia e da una madre dallo sfrontato ed ammirevole coraggio.