La guerra del maiale

Sempre per continuare la “guerra del maiale”, intrapresa quasi casualmente pubblicando le foto di una baita biellese e del recesso nel quale veniva rinchiuso il povero animale, intendo fare alcune considerazioni di carattere storico.

Innanzi tutto i maiali venivano tenuti rinchiusi ed uscivano dal loro ripostiglio solo per essere uccisi.
Anni fa acquistai il mobilio di una casa molto antica di San Giuseppe di Casto, nel centro della frazione, e nel sottoscala era ricavato un identico ricovero, con il treu a sbalzo del muro, e quindi era impensabile che l’animale potesse essere pascolato all’esterno.
La convinzione era che l’immobilità avrebbe contribuito all’ingrasso, e quindi l’animale restava recluso tra i suoi escrementi.

In secondo luogo, almeno nel biellese, gli abitanti delle campagne e delle zone pedemontane non pativano assolutamente la fame.
Anzi, in conseguenza dell’allevamento intensivo soprattutto degli ovini, le nostre montagne erano popolate di greggi dalle quali si ricavava una grande produzione di lana, ed era semmai insufficiente l’apporto alimentare di vegetali, non certo della carne, dei formaggi e del latte.
Durante guerre e carestie era piuttosto la popolazione delle città a patire maggiormente la fame e si sviluppavano fenomeni di borsa nera con i centri rurali nei quali questi generi alimentari erano comunque abbondanti.

Con il mio lavoro infine, ho potuto spesso constatare come nei ricordi le privazioni vengano talvolta ingigantite.
Le foto, le cronache del tempo ci trasmettono immagini di vita quotidiana sicuramente lontana dalla nostra, ma non così piena di privazioni.
E forse, anche i nostri avi, vivrebbero con sofferenza l’eccessiva frenesia dei nostri anni.

Un caro amico antiquario, oggi purtroppo scomparso, amava ripetemi un proverbio biellese, che mi scuso certo non so scrivere correttamente in dialetto :

“Ai vec l’an mangiase i pulaster………e l’an lasane i pruverbi”