IL FIGLIO ANTIFASCISTA DI UN AMICO

Leggo l’ennesimo post di un amico giornalista su Gene Gnocchi e la sua battuta sulla Petacci.
Scorro i commenti e ne trovo uno particolarmente schierato che esordisce con la frase “senza offesa per i maiali….”.
Il commentatore prosegue con un condensato di panzane, spacciate per notizie storiche, tese a giustificare la fine della Petacci e di quanti furono eliminati senza umanità nei giorni della liberazione.
Incuriosito esamino il suo profilo facebook e scopro un’infinità di articoli politici caratterizzati da un taglio violento e becero, che da anni non mi capitava di leggere.
In particolare mi soffermo su una filastrocca, dalle rime stentate, che parlando dei “Fasci” termina con l’invito ad “abbatterli, anche gli ultimi due”.
La minaccia non è velata e suona come un’evidente istigazione alla violenza, all’omicidio.
Un simile atteggiamento sarebbe stato comprensibile, anche se non condivisibile, nel corso dei bui anni ’70, quando le Brigate Rosse gambizzavano la gente, gli scontri di piazza erano sanguinosi e spesso ci scappava tristemente il morto.
Ho vissuto quegli anni e ancora ne conservo l’angoscia, l’oppressione, l’illiberalità.
Ma ora, in una società trasformata ed aperta, dove la lotta politica assume giustamente connotati civili e rispettosi, che senso ha che esistano ancora simili ragazzotti, totalmente avulsi dalla realtà e dal ragionamento.
Ulteriore sorpresa è stata quella di leggere, tra i like di approvazione attribuiti al commento, quello del figlio di un mio caro e fraterno amico, che praticamente ho visto crescere e che ricordo da bambino in compagnia del padre.
Avrei voglia di presentarmi a lui e chiedergli conto della sua approvazione.
Dirgli ecco, sono un tuo avversario storico, sei pronto ad abbattermi?
Riusciresti a vivere con questo peso nel cuore?