DON PAOLINO DAGLIA PARROCO DI FLECCHIA.

Incuriosito dalla figura di Don Paolino Daglia, il parroco di Flecchia sostenitore delle formazioni partigiane della Valsessera, ho voluto approfondire le fasi che portarono alla sua triste e deprecabile scomparsa.
Don Daglia era nato a Curino nel 1876, quindi all’epoca dei fatti aveva quasi 70 anni.
Tanto fu sodale con le formazioni garibaldine capeggiate da “Gemisto” che nel corso di una perquisizione furono trovati nella sua abitazione un ingente deposito di viveri e persino parte del loro materiale bellico.
Il prevosto fu quindi ovviamente arrestato il 16 febbraio 1945 e tradotto prima a Pray, poi a Masserano e quindi a Vercelli.
Dopo alcuni giorni di detenzione fu trasferito alle carceri nuove di Torino dove, per intervento del Cardinal Fossati, venne liberato dopo circa una settimana.
Il 3 marzo tornò in paese e ricominciò a dire messa regolarmente.
Verso la fine del mese venne però ricoverato all’Ospedale di Biella per sospetta emorragia interna e spirò il 2 aprile successivo.
Don Mario Balzaretti, viceparroco di Crevacuore, ci fornisce questa testimonianza :
“Gli chiesi come lo avevano trattato, ma non volle dirmi nulla assolutamente;
forse era stato picchiato e malamente, di certo non so nulla”.
Solo i partigiani dell’ANPI sembrano avere certezze sull’accaduto.
Ritorno su Don Daglia e su quanto con sicumera affermato dall’Associazione partigiani d’Italia sul suo profilo ufficiale.
(dalla lettera di Monsignor Pietro Aragnetti, Vicario Capitolare della Diocesi di Vercelli, al Cardinal Maurizio Fossati, artefice della liberazione del parroco di Flecchia – 9 aprile 1945)
“Quel povero sacerdote, prelevato dai tedeschi, portato a Torino e liberato per opera pietosa dell’Eminenza Vostra, Don Daglia Paolino, ritornato alla sua casa, dopo pochi giorni venne portato a Biella e morì in quell’Ospedale.
Vittima dei maltrattamenti, delle sofferenze e strapazzi ben gravi, data la sua età e costituzione malata.
Dichiarò però che non era stato maltrattato”.