LA STRAGE CHE ANCORA TUTTI VOGLIONO DIMENTICARE

Esiste un paese al limite del biellese dove al termine della guerra vennero trucidati in maniera bestiale più di 50 inermi prigionieri.
Erano stati catturati nei giorni precedenti, imprigionati in angusti scantinati e poi trascinati in ginocchio per centinaia di metri fino al luogo dell’esecuzione.
Erano soldati tedeschi, militi fascisti o semplici civili che si erano schierati per la parte sconfitta di quella spietata guerra civile, ed i loro nomi, a distanza di 75 lunghi anni sono ancora del tutto ignoti, per cui i loro famigliari li piangeranno ignorando il luogo della loro stessa sepoltura.
Dopo anni di proteste alla fine i loro resti sono stati raccolti in due semplici loculi dall’indicazione estremamente vaga, e solo in anni successivi i loro commilitoni hanno apposto quasi furtivamente un semplice “GLADIO” a significare l’appartenenza ideale di quelle povere vittime.
Oggi sono stato in quel paese.
Mi sono seduto ai tavolini del bar della piazza principale, mentre il locale si animava di avventori.
C’erano vecchi contadini di ritorno dai campi, giovani tatuati che scendevano da macchine sportive, anziani che attendevano gli amici per una partita a carte, altri che già conversavano del tempo, di politica e di pallone.
Come d’abitudine ho chiesto informazioni sui luoghi, sulla cava dove sapevo essersi svolta la strage, sul cimitero e sulle vie adiacenti.
Immediatamente tutti hanno compreso qual’era l’oggetto delle mie ricerche …….. alcune risposte vaghe e reticenti e poi presupponendo che non conoscessi il dialetto :
“As chi al ciama dla cava en te ca l’han masà cui là”
(Questo chiede della cava, dove hanno ammazzato quelli là)
Mezzi sorrisi, volti che si girano dall’altra parte, facce intransigenti e discorsi che tornano repentinamente agli argomenti precedenti.
Comprendendo la situazione e la freddezza, mi alzo, li saluto e proseguo per la mia strada.
EVIDENTEMENTE SETTANTACINQUE LUNGHI ANNI NON SONO BASTATI.