VAGHI ADAMO E IL SUO DIARIO SUI TRUCIDATI DI VERCELLI

Il mio giardino confina proprio con quello di una casa di riposo.
In questi giorni talvolta una sirena rompe il silenzio del piccolo paese, cresce d’intensità fino a fermarsi nel grande cortile dell’ingresso posteriore, ne scendono uomini travestiti da bianchi palombari, caricano qualche vecchietto e subito si allontanano a sirene spiegate.
Poi dopo qualche giorno giunge la notizia che è mancata la madre di quella vicina, il signore che vedevi ogni giorno passeggiare, che ti salutava con cortesia e col quale facevi qualche parola sul tempo, sulle camminate, sul cane.
Come ho già spiegato io non avrei potuto fare quel lavoro, non avrei potuto assistere anime che da un giorno all’altro, incessantemente, vengono a mancare, con il loro bagaglio di ricordi, di particolarità, di affetti, con i loro pensieri, con la loro esperienza di vita unica e inimitabile.
Io mi commuovo alle storie di persone mai conosciute, avvicinate solo dai documenti storici, dalle fotografie sfuocate di un passato lontano, spesso tremendamente crudele.

Il pensiero quindi è corso all’uomo ritratto nella foto.
Si chiamava Vaghi Adamo ed era nato nel 1889.
Anche nella foto del cimitero sfoggia il distintivo fascista all’occhiello.
Si perché Vaghi fu fascista dai primordi della Marcia su Roma e poi negli anni fino al periodo della Repubblica Sociale Italiana, dove ricoprì il grado di Capitano della Brigata Nera “Ponzecchi” di Vercelli.
Al termine della guerra fu arrestato e condotto assieme agli altri fascisti nelle tremende celle partigiane.
Fu testimone delle violenze, delle indicibili sevizie inflitte a quei prigionieri prima della morte.
Descrisse l’agonia del Tenente Cecora, al quale con le percosse era già stata fratturata la spina dorsale e veniva lasciato rantolante sul pavimento della cella comune all’ex Distretto Militare di Vercelli.
Come in un calvario cristiano il Tenente Cecora verrà comunque condotto a Vallemosso, trascinato per le vie del paese, lapidato, pugnalato più volte e infine fucilato di fronte al municipio.
Raccontò l’arrivo dei poveretti che vennero condotti all’interno dell’Ospedale Psichiatrico di Vercelli.
Descrisse nel dettaglio i supplizi inflitti a lui stesso e a quegli sventurati ed in particolare al povero Tenente Raviglione, letteralmente fatto a pezzi da un’orda inferocita di partigiani biellesi.
Adamo incredibilmente sopravvisse a tutto ciò.
Poiché l’indomani i partigiani dovevano sfilare per Vercelli, non fecero in tempo a trucidare tutti i fascisti prelevati dalle carceri e Vaghi poté scrivere la sua agghiacciante testimonianza, tranquillamente ignorata dagli organi inquirenti del dopo guerra.
Morì nel 1979 in una casa di riposo di Vercelli.
Lo ricordano suonare lungamente il piano per rallegrare gli altri ospiti della struttura religiosa.
Quello che aveva vissuto non aveva evidentemente spento il suo spirito e il suo amore per la vita.
In ogni anziano uno scrigno di ricordi inimitabile……..