Storia del Rifugio Rivetti

Nel 1909 la direzione del C.A.I. di Biella, presieduta da Maurizio Sella, decise lo stanziamento di Lire 500 «quale primo contributo per la costruzione di un rifugio, sia pur modesto, nei pressi della Mologna Grande, per valorizzare un angolo delle nostre montagne a torto trascurato» (“Annuario C.A.I. 1945”); un ulteriore impulso in tale direzione venne dalla tragica morte di due alpinisti biellesi, Alfredo Rivetti e Giovanni Edelmann, travolti da una valanga poche centinaia di metri sotto il Colle della Mologna Grande (24 dicembre 1911).

Il progetto fu poi rallentato dallo scoppio del primo conflitto mondiale e si dovette attendere fino al 1919 prima di poter passare alla fase esecutiva, con la nomina di un’apposita commissione e soprattutto con il provvidenziale intervento dei fratelli Ermanno e Guido Rivetti, i quali si assunsero l’onere delle spese di costruzione.

Il 3 luglio 1921 il rifugio “Alfredo Rivetti”, progettato dall’ing. Giacomo Demontel e appaltato all’impresa Jon Silvino di Piedicavallo, poté finalmente essere inaugurato: «costruito in muratura su due piani, rivestito in legno», era in grado di ospitare almeno trenta persone.

La montagna era però destinata a sopraffare l’opera dell’uomo.

Nel 1925 il rifugio fu infatti investito per la prima volta da una valanga (staccatasi dalla Punta dei Tre Vescovi) e parzialmente distrutto; immediatamente si provvide a ricostruire la parte danneggiata, ergendo anche uno sbarramento contenitivo che nelle intenzioni avrebbe dovuto evitare il ripetersi di un tale devastante evento.

Nell’inverno del 1928, tuttavia, un’altra valanga si abbatté nuovamente sul rifugio, distruggendolo completamente: «[…] la scelta del luogo della costruzione, che a parer di esperti doveva essere sicura, non era stata felice» (“Annuario C.A.I. 1945”).

Foto inaugurazione primo Rifugio Rivetti : Archivio Valerio, proprietà Fondazione Cassa di Risparmio di Biella.

 

Il presidente Filippo Poma, nell’annunciare al direttivo della sezione la dolorosa perdita, lanciò l’idea di una sottoscrizione per far risorgere il rifugio, contribuendo in prima persona con la somma di Lire 2.000.

I tempi erano tuttavia poco propizi: «Difficoltà tecniche e finanziarie fecero ritardare la ricostruzione; sorsero nel frattempo disparità di vedute sulla scelta del luogo e pareri diversi sulla opportunità di costruire il Rifugio sul versante biellese oppure al di là del Colle della Mologna Grande»; per dirimere la questione fu addirittura necessario ricorrere ad un referendum tra i soci, la cui maggioranza optò per il versante biellese.

Protagonista della ricostruzione del rifugio fu ancora la famiglia Rivetti, la quale si sobbarcò nuovamente l’onere delle spese; il progetto, curato dall’ing. Locchi di Torino e affidato ad un’impresa biellese, la Ronchetti e Bertinetti di Sordevolo, fu portato a compimento nella tarda estate del 1935, con una spesa complessiva che si aggirava intorno alle 70.000 Lire: «Il fabbricato – riferì “il Biellese”(30.08.1935) – è in due piani, misura m. 10,40×7,40 di lato per m. 9,30 di altezza e comprende a pian terreno due vani: sala di convegno e cucina. Al primo piano, cinque stanzette costituiscono un decoroso ambiente alberghiero. Al secondo è una sola spaziosa camerata capace di una trentina di posti […] Sorge in una splendida posizione, su un dosso dominante il rude, aspro vallone della Grande Mologna, un po’ a monte del rifugio distrutto».

L’inaugurazione, che ebbe luogo domenica 1 settembre, vide una robusta partecipazione di pubblico (almeno mille persone), composto per lo più dai soci del C.A.I. e della società “Pietro Micca”, da semplici «simpatizzanti della montagna» provenienti anche dalla Val d’Aosta, e dagli iscritti all’Associazione Nazionale Alpini; tra le personalità presenti spiccavano i rappresentanti dell’amministrazione comunale di Biella, il podestà di Piedicavallo, il segretario del Fascio di Biella Walther Bragagnolo, oltre naturalmente al consiglio direttivo del C.A.I. biellese e ai membri della famiglia Rivetti.

La cerimonia ebbe inizio alle ore 10 con la Messa al campo officiata dal cappellano alpino don Arduino, cui fece seguito l’orazione di Gustavo Gaja, vice presidente del C.A.I. Biella, il quale rievocò la storia «delle non poche difficoltà incontrate dalla Sezione biellese nella costruzione di due rifugi e ringraziò calorosamente la famiglia Rivetti per il generosissimo aiuto dato in ambedue le contingenze» (“Il Popolo Biellese”, 02.09.1935); prese poi la parola l’ospite d’onore, il presidente nazionale del C.A.I. nonché dell’Associazione Nazionale Alpini, Angelo Manaresi, il quale «tributò un plauso alla Sezione del Club Alpino di Biella per aver costruito un così bello ed utile monumento a ricordo degli scomparsi, elogiò l’alto spirito della nostra gente amante della montagna, pose a sua volta in rilievo la generosità della famiglia Rivetti […] e consegnò un artistico ricordo all’egr. Dr. Gaja a testimonianza della intelligente, tenace ed appassionata opera da lui dedicata a tutte le fasi relative alla costruzione del rifugio».

Dopo il saluto e il ringraziamento di Guido Alberto Rivetti, si passò all’inaugurazione del rifugio e al relativo brindisi; quindi i convenuti raggiunsero il colle della Mologna Grande, dove Manaresi rese omaggio alla lapide commemorativa dei Caduti del Battaglione Alpini “Cervino”; al ritorno, la comitiva s’inoltrò nel vallone in cui avevano trovato la morte Alfredo Rivetti e Giovanni Edelmann, deponendo un omaggio floreale presso la targa che ricordava il tragico evento.

Il pranzo al sacco consumato nelle vicinanze del Rifugio sancì la conclusione della memorabile giornata.