Sordevolo 4 partigiani uccisi

Ieri, a seguito di un mio articolo di commento relativo ad una foto sull’entrata in città delle formazioni partigiane, sono stato velatamente accusato di “revisionismo storico”.
Poichè mi è difficile comprendere l’esatto significato di questo termine e credo che poco si attagli alle mie indagini, basate unicamente su documenti e testimonianze inoppugnabili, spesso di fonte partigiana, oggi ho deciso di scrivere sulla morte di 4 componenti della resistenza avvenuta a Sordevolo il 10 febbraio 1944.
In realtà ero alla ricerca delle motivazioni che potevano avere indotto alla fucilazione in paese il 30 di aprile 1945 di dieci componenti del Btg. “Montebello” della Repubblica Sociale Italiana.
Ho quindi fotografato la targa in marmo posizionata a poca distanza, credendo che avesse una qualche attinenza con quell’eccidio.

 

Ho rintracciato in rete vari resoconti fantasiosi ed imprecisi su questo avvenimento, ma intendo avvalermi esclusivamente di due testimonianze : il libro “La Franchi” di Edgardo Sogno e la memoria specifica di Anello Poma sul Distaccamento “Nino Bixio”.
Edgardo Sogno, medaglia d’oro della resistenza, badogliano monarchico di ispirazione liberale, condusse ed organizzò numerose azioni di guerriglia, ripetutamente paracadutato dietro le linee nemiche. Nel corso di una di queste azioni, fu ospite del Castello di Valdengo nel biellese e lì conobbe mio padre, anche lui alla macchia, che ne riportò notevole ammirazione.
Anello Poma, comandante partigiano e commissario politico delle formazioni garibaldine, è autore di vari testi fondamentali sulla resistenza nel biellese. Lo conobbi personalmente in consiglio comunale a Biella. Ricordo un uomo minuto, dallo sguardo tagliente, anziano ma molto combattivo.
I due autori danno degli avvenimenti versioni quasi collidenti ma, tra le righe, si evincono i tentativi di condanna del primo e giustificazione del secondo.
Resta a mio modo di vedere un fatto di sangue sconcertante e mai completamente chiarito…………ma i lettori se ne faranno singolarmente un’opinione.

Edgardo Sogno

al centro Anello Poma (Italo)

Il colonnello dell’esercito Eugenio Cattaneo, ex militare di carriera di ispirazione liberale e monarchica, era stato nominato legittimo rappresentante del Comitato di Liberazione regionale piemontese.
Si trasferì quindi con il figlio Ernesto nel biellese occidentale, con il compito di costituire formazioni partigiane di estrazione badogliana in opposizione a quelle garibaldine, ormai saldamente nelle mani del Partito Comunista.
Con questo scopo si stabilì a Vermogno di Zubiena, appoggiandosi a due piccole formazioni preesistenti.
Con i contatti di cui godeva presso i comandi angloamericani, pare fosse riuscito a farsi paracadutare delle armi e dell’esplosivo che, in considerazione della posizione attendista di dette formazioni, erano state occultate nella zona.
Sogno ritiene che i lanci non fossero stati ancora effettuati, Poma invece lamenta il fatto che queste armi non fossero nella disponibilità delle formazioni garibaldine e che non venissero di conseguenza utilizzate.
Dichiara ancora il Poma : “Ai partigiani (garibaldini), inoltre, premeva chiarire la situazione e far valere la propria autorità. Non si escludeva però, la possibilità di stabilire un rapporto di collaborazione, qualora, da un franco e aperto confronto, ciò si fosse rilevato possibile.”

il colonnello Eugenio Cattaneo

 

Eccoci dunque al fatto in questione. 
La sera del 9 febbraio 1944 il comandante del distaccamento Bixio, Bruno Salza (Mastrilli), con alcuni garibaldini e due autovetture, su istruzione del Partito Comunista di Torino, raggiunse Zubiena per prelevare il colonnello Cattaneo, condurlo al comando di Sordevolo e provvedere ad “inquadrarlo”……….
Mentre il colonnello non opponeva resistenza, uno dei suoi ufficiali, il capitano
 Aldo Gariazzo, rispondeva con le armi alla sopraffazione e nello scontro veniva ucciso.
Nel corso del rientro della spedizione il secondo dei due automezzi, su cui viaggiava Cattaneo, veniva attaccato da militi della Guardia Nazionale Repubblicana, e sotto il fuoco di questi cadevano il colonnello e tre garibaldini, Caralli, Chiorino e Manni. 
Mastrilli, unico superstite, ma seriamente ferito, strisciando a terra nel buio, riusciva a sottrarsi alla cattura.

Questo il resoconto del Sogno,……… quindi nello scontro morirono affiancati prelevato e prelevatori……….

Bruno Salza (Mastrilli)

Mastrilli ed Anello Poma

Veniamo ora al resoconto di Anello Poma e cerchiamo di analizzarlo attentamente. 
In più punti il commissario politico Poma, cerca di denigrare sottilmente la figura del colonnello Eugenio Catteneo, prima ne tratteggia la figura caratteriale ricordando un incontro avuto col colonnello sul Monte Cucco nell’ottobre precedente. Parla di un atteggiamento intransigente e di un’atmosfera di freddezza ed incomprensione. Poi ricorda c
he fu proprio lui a rifiutare nelle sue formazioni la figura del commissario politico. Insinua inoltre che risultavano incomprensibili le ragioni delle sue entrature presso i comandi angloamericani che avevano prodotto il lancio aereo di armi ed esplosivi. 
“Il distaccamento del “Bixio” decise quindi di stabilire un contatto……tutto il materiale era stato nascosto restando quindi inutilizzato……..ai partigiani (comunisti) premeva chiarire la situazione e far valere la propria autorità.”
Continua il Poma :”Purtroppo l’operazione finì tragicamente…….Con Cattaneo risiedevano a Vermonio due ufficiali, uno dei quali, il capitano Aldo Gariazzo, accolse con un atteggiamento ostile i partigiani, forse perchè non li ritenne tali, reagì perciò all’invito di seguirli sparando su Ferrero e ferendolo gravemente; nella sparatoria, tuttavia, egli stesso fu mortalmente ferito. 
Il colonnello Cattaneo accettò invece di seguire i partigiani (comunisti) alla sede del distaccamento, ma durante il tragitto il gruppo fu impegnato in uno scontro, nei pressi di Sordevolo, con alcuni reparti fascisti, evidentemente informati da qualcuno. Nell’agguato trovarono la morte, oltre al colonnello Cattaneo, i partigiani Caralli, Chiorino e Manni. mentre Mastrilli, seriamente ferito al bacino, potè salvarsi.”

Questa la testimonianza di Elio Parlamento in “Memorie di un ragazzo partigiano per caso” che descrive il salvataggio di Mastrilli : Era il mattino del 10 febbraio 1944, arrivai a Sordevolo; sul piazzale, dopo la caserma dei carabinieri, vidi un’automobile sfasciata, le porte aperte e quattro cadaveri a terra. Mi avvicinai, ne riconobbi uno, era “Omero” (Adriano Caralli). Mentre, sgomento, osservavo la tragica scena, arrivò il partigiano “Rubino” che mi spiegò l’accaduto. La sera prima due auto si erano recate a Vermogno per contattare alcune persone per sapere perchè loro ricevevano dei “lanci” e noi no. Rientrando al Comando, le macchine viaggiavano ad una certa distanza per non dare nell’occhio. La prima era tornata, la seconda invece no; così egli era sceso per accertare cosa fosse successo. Mi disse : “Manca Mastrilli”; mentre mi spiegava chi era il cadavere dall’aspetto anziano che giaceva morto a terra. Ad un tratto lo vidi dirigersi di corsa verso un fienile al fondo della valletta. Aprì l’uscio e trovò “Mastrilli” che stava morendo dissanguato. Fino ad allora non avevo visto scene così crude e per me fu un pugno nello stomaco; purtroppo la realtà era questa. Bisognava portarlo fuori di peso, col pericolo di essere visti dalla caserma, trovare un mezzo per portarlo e curarlo nella clinica di Cossila dove il Direttore era dalla nostra parte, ma il tratto era abbastanza lungo. Bisognava uscire da Sordevolo, arrivare fino a Pollone, attraversare il paese, continuare sulla Biella-Oropa, arrivare a Cossila, senza fare brutti incontri. L’impresa riuscì, “Mastrilli” si salvò, e visse fino a una decina di anni fa. Sul luogo, a Sordevolo, una lapide ricorda questi martiri.

 

Queste le versioni di Sogno, partigiano monarchico e di Poma e Parlamento, partigiani garibaldini. 
La versione di Sogno sembra appiattita sulla versione ufficiale e frutto di racconti non verificati per mancanza di testimoni.
Quella di Anello Poma, per contro, presenta a mio parere alcune gravi incongruenze.
Fatta salva la dinamica dello scontro, perchè intraprendere un lungo viaggio col prigioniero, due autovetture, verso un comando posto in Alta Valle Elvo, in zona tuttora inaccessibile se non con una lunga marcia di avvicinamento?
E il ferito garibaldino Ferrero?

La versione ufficiale riportata sugli atti di morte.

Ma i fatti e le conseguenze, incredibilmente, non finiscono qui.

 

A questo punto il racconto di Anello Poma si interrompe, prosegue invece quello di Edgardo Sogno………
Poco dopo l’uccisione del colonnello Cattaneo erano tornati in zona Ernesto, figlio del colonnello e anche lui partigiano monarchico, e Gaia Aurora, compagna del defunto capitano Gariazzo.
Poichè i due evidentemente ponevano domande sulla fine dei loro congiunti, furono prelevati dal partigiano Italo Lazzari (Maurizio) per con
to del comando garibaldino di Sala Biellese, a lungo torturati e messi a morte come spie.
Ma il Lazzari andava coprendosi di altri delitti e sopraffazioni, per cui il comando CLN del piemonte ne dispose l’arresto, l’interrogatorio e, se trovato colpevole, l’uccisione.
L’interrogatorio si svolse in un bar di Borriana e vi presenziarono sia partigiani monarchici che garibaldini. I due esponenti badogliani notarono però che il Lazzari manteneva un atteggiamento arrogante, quasi a non preoccuparsi delle conseguenze di quel procedimento. 
Allora i garibaldini chiesero di trasferire l’interrogatorio in luogo più appartato, nei boschi della Bessa oltre il fiume Elvo. 

Ernesto Cattaneo


Mentre i monarchici attendevano quindi nel luogo convenuto, udirono un colpo di arma da fuoco……..e poco dopo giunsero i garibaldini affermando che il prigioniero, durante un tentativo di fuga, era stato ucciso.
Sogno sottintende che Lazzari sia stato eliminato prima che rivelasse particolari scomodi sulla morte del colonnello Cattaneo, del figlio, del capitano Gariazzo e della sua compagna Cecilia.

 

Incredibilmente il novero dei morti non finisce qui.
Lo stesso Anello Poma, in una sua prima versione dei fatti, parla, all’atto del prelevamento del colonnello Cattaneo, della presenza di un altro Gariazzo, Italo, che “accettò” di seguire il gruppo di partigiani garibaldini.
 
Evidentemente lo stesso altro non poteva che trovarsi sulla prima autovettura, quella sfuggita all’agguato dei repubblicani.
Fatto sta che di Italo Gariazzo si persero le tracce da quel tragico 10 febbraio 1944. 
Si seppe, solo dopo la fine delle ostilità, che venne portato al comando partigiano comunista, trattenuto prigioniero, seviziato orribilmente giorno e notte per più di un mese ed infine, particolare atroce, sepolto ancora vivo con i polsi avvinti da pesanti manette.
Venne trovato così, dopo la fine della guerra, dal medico di Muzzano Giuseppe Villa, che nella foto mostra le manette rinvenute sul cadavere. 

Lettera chiarificatrice del padre dei fratelli Gariazzo. Nella lettera si precisa che il cadavere di Italo non presentava segni di evidenti ferite, ma si chiede di soprassedere ad ulteriori indagini in quanto dettaglio insignificante e superfluo………in attesa di riconoscimento di pensione di guerra.


Ho reperito difatti l’atto di morte presso il Comune di Sordevolo, che riporta la data del maggio 1945, quando il cadavere fu riesumato all’Alpe Seli, sulle pendici del Mucrone. 
E’ chiaro che Italo Gariazzo venne fatto prigioniero e ucciso perchè non potesse rilevare particolari scomodi sulla morte del Cattaneo e del suo gruppo di partigiani monarchici.

Italo Gariazzo di 22 anni

Il medico di Muzzano Giuseppe Villa.

Al centro in basso le due alpi Seli, sulle pendici del Mucrone.

 

E si prosegue………..
A Zubiena, dove abitava la famiglia Gariazzo, la sera del 10 febbraio, quando ancora nessuno sapeva della morte del Cattaneo e della cattura di Italo, alcuni partigiani comunisti bussarono alla porta dei Gariazzo e chiesero all’altro dei due fratelli, Elio, pure lui del gruppo “autonomo”, di scendere in strada perchè dovevano fargli una comunicazione.
 
Appena Elio Gariazzo si affacciò sulla soglia ven
ne steso da una raffica di mitra.

Elio Gariazzo


Restava ancora in vita il partigiano autonomo Attilio Borrione, 
nativo di La Spezia, che viveva nei pressi di Graglia dove era sfollato con la madre essendo lontano parente del Dott. Villa citato in precedenza.
Attilio Borrione indagò a lungo, dopo la morte del Cattaneo, la scomparsa di Italo e l’assassinio di Elio, per scoprire la verità sulla vicenda. 
Senza nulla sospettare, venne chiamato dai comandanti comunisti il 12 aprile 1944 al comando dell’Alpe Lace, in Alta Valle Elvo. 
Giunto sul posto gli venne imposto di entrare a far parte delle formazioni garibaldine ed al suo perentorio rifiuto, fu freddato sulla porta del comando.

Riprende a questo punto Anello Poma : “C’erano infine le armi del lancio ricevuto dal colonnello Cattaneo e che, dopo la sua tragica morte (sic), erano custodite a Vermonio da persona di sua fiducia, tale Michelino. 
A costui, pur non aderendo alle formazioni garibaldine, va dato atto di comportamento corretto e disponibilità,……. consegnando al distaccamento “Bixio” gran parte delle armi e dell’esplosivo.”

……..quindi dopo ben 7 eliminati anche Michelino si decise a collaborare!!!!

Attilio Borrione di anni 22

Alpe Seli al Monte Mucrone

Alpe Lace, Alta Valle Elvo

 

Giunti al termine di questa vicenda, nata dalla casuale indagine su una lapide di marmo che accomuna un partigiano prelevato ai partigiani suoi prelevatori, mi sia consentito formulare alcune considerazioni che, a mio parere, emergono da questa storia.
Si dirà che non si può prendere ad esempio un singolo episodio, se pur efferato e che ha coinvolto tante vittime, per valutare l’intero movimento partigiano
 biellese.
Ma spero che questa critica non mi venga rivolta, per non essere costretto a narrare altri e pur gravi episodi che hanno costellato i 200 giorni del periodo resistenziale nel nostro territorio.
Cito solamente a titolo di esempio l’uccisione dei fratelli Biscotti a Pollone e la vicenda che portò alla condanna all’ergastolo del capo partigiano comunista Francesco Moranino.
La realtà è che i capi partigiani comunisti già nel 1944 avevano compreso che la vittoria delle forze alleate era sicura e pertanto preparavano il terreno per un governo rivoluzionario che avrebbe dovuto soppiantare la passata monarchia.
Tutti coloro che potevano essere d’ostacolo a questo progetto, dovevano essere eliminati, che fossero i vecchi fascisti o i partigiani bianchi anticomunisti.
Mi sono spesso immaginato, quale atteggiamento avrei potuto avere in quei turbinosi anni di guerra civile.
Forse, stanco del conflitto, disilluso da un regime del quale avrei mal sopportato sfilate e sabati fascisti, avrei fatto anch’io la scelta che fece mio padre e mi sarei dato alla macchia, avvicinandomi alle formazioni partigiane……..
Ma a leggere quello che vado scoprendo mi sarei trovato avvinto in un ambiente plumbeo, dove il delitto immotivato era la regola, impossibilitato ad allontanarmi, costretto a partecipare ad azioni che nulla avevano di patriottico, ad osservare, a guerra finita, una infinità di vendette su uomini inermi che nessuna colpa avrebbe potuto giustificare.

Ringrazio quindi iddio di non essermi trovato in tale gravosa situazione