Si avvicina il 25 aprile.

Molti di voi vivranno con indifferenza questa ricorrenza.

Altri, trascinati dalla retorica, presenzieranno con trasporto alle cerimonie rievocative, ricordandoci che a parer loro le libertà odierne derivano strettamente dalla riconquista della libertà che quella data ha sancito.

Altri ancora leggeranno con fastidio le infinità di racconti contro tendenza che vado rispolverando dagli archivi e che intaccano profondamente l’immagine idealizzata della resistenza e dei suoi protagonisti.

Mano a mano che mi addentro nella lettura dei documenti, emerge però sempre più chiaro il mio disagio nei confronti di un racconto omissivo e distorto che della resistenza per anni ci hanno propinato.

I testi, gli studi, i racconti che ho letto avidamente in questi anni e che costituiscono la bibliografia ufficiale della resistenza, nascondono colpevolmente la parte meno commendevole di quel periodo e che ho scoperto nel tempo costituirne la caratteristica dominante.

I furti, le rapine,le intimidazioni, i sequestri e soprattutto gli efferati omicidi, in massima parte di soggetti indifesi, di donne, di vecchi, di poveri adolescenti, non costituiscono l’eccezione, ma la triste regola quotidiana.

E tutto questo viene colpevolmente sottaciuto, con la scusa della contestualizzazione degli eventi, con la giustificazione delle ritorsioni, di una guerra di liberazione che in effetti guerra mai fu.

Ho tardato ad esprimere questo giudizio.

Prima ho atteso di formarmi una visione d’insieme, di approfondire i documenti d’archivio.

Oggi la giornata è stata davvero dura, dai fascicoli emergevano storie terribili, persino difficili da raccontare.

L’amaro nella bocca, la commozione negli occhi, il desiderio di farla finita, di interrompere questa sequela di fatti inenarrabili, in contrasto con quanto tra poco nelle piazze d’Italia ci verrà ciclicamente propinato.

Nei prossimi giorni, come di consueto , vi proporrò degli scampoli di queste vicende.

In loro non vedo una narrazione retorica, ma la triste vicenda vissuta da queste povere vittime, ed ora come allora il nemico è la crudeltà, l’inumanità ma soprattutto l’indifferenza.