Le vittime dei partigiani inumate tra i monti.

In un giorno in cui molti visitano i loro congiunti al cimitero, mi sono arrampicato, complice la stupenda giornata autunnale, sulla cresta che costeggia ad est l’Alta Valle dell’Elvo, in direzione della sommità del Monte Mucrone.
La cresta sale alle spalle dell’Alpe Varnei dove, durante la guerra civile, era ubicato il tristemente famoso comando del distaccamento partigiano “Nino Bixio”, della 75° e 76° Brigata Garibaldi.
Arrivato in prossimità dell’Alpe Toretto lo sguardo volge silenzioso a destra, dove si scorgono da basso le casere dell’Alpe Seli.
Nei pressi di quell’alpe venne rinvenuto, ancora con le manette ai polsi, il cadavere del partigiano monarchico Italo Gariazzo, soppresso dai suoi stessi compagni comunisti decisi ad eliminare ogni forma di dissenso all’interno del movimento partigiano.
A sinistra il pianoro dell’Alpe Gnum, dove venne rinvenuto il corpo di Virgilio Pivano di Sordevolo, rapito ed eliminato perché sospettato di spionaggio.
Nel dopo guerra qualcuno parlò e suggerì nell’anonimato i luoghi dove erano inumati quei poveri resti.
Ma i loro nomi sono rimasti là, a testimoniare la crudeltà di un pensiero ideologico che aveva spinto gli uomini a dimenticare ogni briciolo di umanità e ad infierire sui loro stessi fratelli.
E chissà quanti saranno ancora su quei monti.

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