In morte di Maurizio Fenaroli

Un giorno, io e mia figlia, di ritorno dal Monte Cresto eravamo impegnati al guado del torrente Irogna, ingrossato dallo scioglimento delle molte nevi invernali.
Tu sei arrivato alle nostre spalle rapidissimo e con quattro balzi ben calcolati hai superato l’ostacolo, proseguendo la tua corsa solitaria.
Era questa la tua montagna.
Questi i tuoi allenamenti.
Non in mezzo a vocianti gruppi di runner, su ripetitivi percorsi d’allenamento, ma in solitario rapporto con l’immensità degli spazi, su itinerari infiniti, difficilmente immaginabili dai normali escursionisti.
In questo, fatti i dovuti limiti, mi somigliavi molto.
Dicono che ti sei avventurato su quella cresta senza sentiero che fa da spartiacque sulle valli che precipitano dal Monte Bo.
L’ho percorsa varie volte anch’io, e da essa si coglie uno spettacolo grandioso su entrambi i versanti, su quella montagna solitaria ed incontaminata dove un uomo è a contatto con i propri pensieri, con le proprie fragilità, con la propria grandezza.
Sei scivolato come spesso accade ai grandi alpinisti, rapiti in un attimo di fatalità …………. tanto basta alla montagna.
Così grande e totalizzante da attirarci lassù e così crudele da spegnere le nostre vite in un attimo, in un soffio di imprevedibilità.
Hai vissuto alla grande, così come ha voluto il tuo cuore.
Noi che la montagna l’amiamo, ti siamo vicini e ammirati.
A rivederci Maurizio.